Tratto da “Rifondazione della fede”
di Vito Mancuso
La condizione umana è originariamente immersa nella non-verità, dice il dogma del peccato originale. Ma che cosa significa? Un gruppo di giovani, al bar come tutte le sere. Un gruppo di anziani, che, ancora, discutono di calcio e totocalcio. Un gruppo di ragazze, che si guardano reciprocamente i vestiti. Una folla di ragazze davanti a un hotel, in attesa del cantante, pronte a urlare la loro sottomissione. La tv, milioni che la guardano, e vi si riconoscono. Dov’è la libertà?
La libertà è una meta alla quale solo pochi approdano. I più si credono liberi perché possono scegliere, ma in realtà scelgono solo questo o quel mezzo, questa o quella strada, verso una meta inevitabilmente già segnata, imposta loro dalla necessità. Imposta loro dal branco. Gli uomini non sono liberi, liberi lo possono solo diventare. I pubblicitari tutto questo lo sanno bene; l’arte pubblicitaria è come una metafisica sociale, un’anatomia esatta degli appetiti che governano l’anima umana. A immagini e parole di un certo tipo, gli uomini, necessariamente, reagiscono sempre allo stesso modo. L’anima della gente è facilmente controllabile. Il motivo è semplice: è stretta dalla necessità, è prigioniera.
E poi gli uomini, per lo più, non vogliono essere liberi: «Avevi forse dimenticato che la tranquillità è agli uomini più cara della libera scelta tra il bene e il male?», ecco la colpa terribile che il cardinale inquisitore rinfaccia a Cristo.
Gli uomini si rifiutano di ascoltare l’appello alla liberazione, perché la libertà è fatica, viaggio, sacrificio. La schiavitù è molto più comoda.
Vito Mancuso, scrittore e teologo