Incontro spesso persone dotate di un’ottima salute mentale ma sofferenti, a causa della patologia sociale in cui vivono immerse. Nel corso degli anni ho individuato, dietro a tante richieste di aiuto, una struttura di personalità dotata di sensibilità, creatività, empatia e intuizione, che ho chiamato: Personalità Creativa.
In questi casi non si può parlare di cura (anche se, chi chiede una terapia, si sente patologico e domanda di essere curato) perché: essere emotivamente sani in un mondo malato genera, inevitabilmente, un grande dolore e porta a sentirsi diversi ed emarginati.
Le persone che possiedono una Personalità Creativa sono capaci di amare, di sognare, di sperimentare, di giocare, di cambiare, di raggiungere i propri obiettivi e di formularne di nuovi. Sono uomini e donne emotivamente sani, inscindibilmente connessi alla propria anima e in contatto con la sua verità. Queste persone coltivano la certezza che la vita abbia un significato diverso per ciascuno e rispettano ogni essere vivente, sperimentando così una grande ricchezza di possibilità.
“Per soffocare in anticipo ogni rivolta, non bisogna farlo in modo violento. I metodi come quelli di Hitler sono superati. Basta creare un condizionamento collettivo così potente che l’idea stessa di rivolta non verrà nemmeno più in mente agli uomini. L’ideale sarebbe formattare gli individui fin dalla nascita limitando le loro abilità biologiche innate. In secondo luogo, si prosegue il condizionamento riducendo drasticamente l’istruzione, per riportarla ad una forma di inserimento professionale. Un individuo ignorante ha solo un orizzonte di pensiero limitato e più il suo pensiero è limitato a preoccupazioni mediocri, meno può ribellarsi. L’accesso alla conoscenza deve diventare sempre più difficile ed elitario, il divario tra il popolo e la scienza deve aumentare, l’informazione destinata al grande pubblico anestetizzata da qualsiasi contenuto sovversivo. Continua a leggere →
Un antropologo propose un gioco ad alcuni bambini di una tribù africana. Mise un cesto di frutta vicino ad un albero e disse ai bambini che chi sarebbe arrivato prima avrebbe vinto tutta la frutta.
Quando gli fu dato il segnale per partire, tutti i bambini si presero per mano e si misero a correre insieme, dopodiché, una volta preso il cesto, si sedettero e si godettero insieme il premio.
Quando fu chiesto ai bambini perché avessero voluto correre insieme, visto che uno solo avrebbe potuto prendersi tutta la frutta, risposero “Ubuntu! Come potrebbe uno essere felice se tutti gli altri sono tristi?”
Ubuntu nella cultura africana sub-sahariana vuol dire: “Io sono perché noi siamo”
Questo ti voglio dire
ci dovevamo fermare.
Lo sapevamo. Lo sentivamo tutti ch’era troppo furioso
il nostro fare. Stare dentro le cose.
Tutti fuori di noi.
Agitare ogni ora – farla fruttare.
Ci dovevamo fermare
e non ci riuscivamo.
Andava fatto insieme.
Rallentare la corsa.
Ma non ci riuscivamo.
Non c’era sforzo umano
che ci potesse bloccare.
E poiché questo
era desiderio tacito comune, come un inconscio volere –
forse la specie nostra ha ubbidito, slacciato le catene che tengono blindato il nostro seme. Aperto le fessure più segrete e fatto entrare.
Forse per questo dopo c’è stato un salto
di specie – dal pipistrello a noi.
Qualcosa in noi ha voluto spalancare.
Forse, non so. Adesso siamo a casa.
Stare a casa, stare con se stessi, restare connessi con gli altri allo stesso tempo. È sempre il “come” a qualificarci. Possiamo non subire la paura, l’angoscia, l’obbligo. Possiamo distinguere in noi e scegliere la modalità del prenderci cura di noi stessi e degli altri con consapevole tenerezza.
Stefano Mazzilli
“La tenerezza salva la vita, connette piccolo e grande, aperto e chiuso, appena nato e vecchio, mondi diversi, regni non solo umani. Guardi il cielo e senti quanto sei piccolo, ma sai anche che chiunque lo guarda è il centro dell’intero universo. Stella che guarda stella”.
Prendersi cura di se stessi e degli altri tutti, nonché dell’ambiente naturale, se parte dal “cuore” rende lieve ogni sacrificio. Questo tempo in cui siamo tutti richiamati alla responsabilità per la salute pubblica e per le emergenze critiche planetarie, può essere considerato come un’opportunità per il risveglio profondo del nostro “cuore”, il nostro centro vitale, la nostra coscienza senza confini.
Io c’ero. Accompagnai la delegazione italiana. Partimmo in treno da Roma, dormimmo a Strasburgo in un capannone con i sacchi a pelo, eravamo in mille. Ci radunnammo con le altre delegazioni d’Europa, trentamila giovani nello stadio! Era presente Karol Wojtyla (Giovanni Paolo II). Presentammo a lui le domande dei giovani sul presente e sul futuro dell’umanità. Le accolse col cuore pieno di speranza e di attese, come tutti noi. Realizzammo un grande concerto per la Pace e la giustizia, in cui rappresentammo coreograficamente tutto il mondo con le cose belle e meravigliose, assieme quelle più dolorose che interpellavano le nostre coscienze.